“di’ un po’…Marcelus Wallace…che aspetto ha?” – “cosa?” – “da che paese vieni?” – “cosa…cosa?” – “cosa è un paese che non ho mai sentito nominare! di’ cosa un’altra volta! di’ cosa un’altra volta, ti sfido due volte figlio di puttana, dì’ cosa un’altra volta!”
( Pulp Fiction – 1994 – Regia Quentin Tarantino )
Un giorno citeremo questo periodo come gli anni dei “meme”. Samuel L. Jackson (Jules) in “Pulp Fiction” è un killer spietato ma alquanto bizzarro, affronta i suoi bersagli ammonendoli con dei lunghi predicozzi prima di stenderli. Un “meme” cristallizza una scena memorabile. Jules interroga e minaccia un pesce piccolo della malavita. Si innesca un dialogo surreale, ad ogni domanda del killer la risposta del malcapitato, tremante e appiattito su una sedia, è sempre la stessa: “…cosa?”. Jules è in piedi, gli occhi spiritati, la canna della sua Mister 9millimetri puntata alla fronte del poveraccio. In sovrimpressione campeggia una scritta che riporta una ipotetica, ultima, definitiva provocazione di Jules prima di premere il grilletto: “di’ RESILIENZA un’altra volta”. Alzi la mano chi ha mai pronunciato o sentito la parola resilienza in un qualsiasi discorso al bar, prima del Covid.
L’avamposto
Tonezza del Cimone in un secolo è passata da 1500 abitanti agli attuali 536; questo paese che ha vissuto le due guerre come un vero avamposto, oggi affronta una guerra fredda e silenziosa, l’abbandono delle montagne. Nel periodo estivo, dato l’alto numero di seconde case, si rianima e raggiunge qualche migliaio di abitanti – per la maggior parte famiglie – poi per tutto il resto dell’anno Tonezza ritorna alla sua piccola dimensione. Negli anni ’70-’80 era vista come genuina località turistica a portata di mano per gli accaldati cittadini di pianura, oppure come località per un sicuro investimento nel mattone turistico. Dagli anni 90 in modo appena percepibile, e dal 2000 in modo conclamato, è stato invece palpabile il declino. Il paese è rimasto con le carte in mano, non ha saputo “giocare” le briscole per il suo futuro, certi meccanismi non hanno più funzionato e le scelte (o le non scelte?) si sono dimostrate poco lungimiranti. Hanno vinto i si è sempre fatto così e gli intramontabili fin che la barca va lasciala andare. Hanno prevalso idee identitarie più facili e immediate da recepire, a scapito di altre che avrebbero potuto dare dei frutti nel tempo e che richiedevano un compromesso con il cambiamento. Chi è rimasto a vivere in paese ha dovuto resistere alla tentazione del lavoro a fondo valle oppure accettare strade e salite tortuose, servizi essenziali senza fronzoli. Altro che movida. Resistere, adattarsi e cambiare, per restare a vivere nel territorio, per farlo vivere.
Qualcuno la chiama resilienza. “…cosa?”
Daniele spara una premessa: “Non è mica come a Bassano dove se apri un locale la gente entra dentro anche se non vuoi”. I fratelli Andrea e Daniele Borgo nel loro ristorante Al Cacciatore, località Campana, lavorano con la consapevolezza che i tavoli non si riempiono da soli. “Abbiamo preso in gestione il ristorante dal 2016 dai nostri genitori, abbiamo creduto nel nostro progetto, ristrutturato, ammodernato il locale. Ma se c’è stato un momento che ci ha fatto prendere delle decisioni radicali è stato il Covid. Ci siamo visti ad un bivio, il mondo cadeva a pezzi e non potevamo solo spostarci in là, dovevamo concentrarci sul cambiamento e affrontarlo. Quel momento ha impresso una accelerazione a tutte le decisioni che dovevano essere prese” – dice Andrea, responsabile di sala e sommelier, che continua – “il ristorante nasce da una locanda che esiste da più di un secolo, davvero una storia lunga alle spalle.”
Siamo partiti cercando all’inizio semplicemente di portare avanti la tradizione. Ma abbiamo imparato in fretta che quel mondo che conoscevamo non esiste più”.
Mi raccontano alcuni aneddoti che sembrano appartenere a un mondo antico, talmente lontano da sembrare irreale. “Quando eravamo bimbi ricordo che i villeggianti stavano da noi come in famiglia, si proponevano addirittura di aiutare al sabato sera la signora Maria e la signora Luciana di preparare i tortellini, gli stessi che avrebbero mangiato il giorno dopo, la domenica a pranzo; eh…il giorno di festa…anche se in villeggiatura ogni giorno è festa, la domenica era vissuta da tutti comunque come un giorno diverso dagli altri, con dei ritmi diversi. I ragazzotti giovani che bazzicavano in zona per le scampagnate usavano la locanda come punto di riferimento sapendo di poter alloggiare in una grande stanza per la notte, una sorta di piccola camerata, con il bagno in comune”
Queste parole mi fanno pensare, a proposito di meme e quindi indirettamente di social…ma cosa c’è di più social che condividere davvero qualcosa di reale, un piatto (e non solo la foto del piatto!), una camera, la stanchezza, il silenzio dei boschi, l’alba, la colazione e una nuova giornata nella natura?
Gli anni passano, e nonostante nel 2022 Vicenza sia in classifica per numero di esportazioni appena dietro a Milano e Torino, le sue montagne non attraggono più gli investimenti, le istituzioni non sganciano un soldo e sembra che – a parte rare eccezioni dal sapore olimpionico – lo spopolamento montano sia un danno collaterale del quale non tenere conto. Tonezza non è Bassano, ma neppure Cortina o Asiago, e nemmeno quel Shangri-La chiamato Provincia Autonoma di Trento, che pure dista pochi chilometri.
Se stava mejo quando che se stava pezo?
Andrea mi racconta che nel passaggio generazionale hanno provato un cambio di marcia nella gestione del ristorante, ma il territorio in fase di declino richiedeva di fare di più, reagire, cambiare. Io continuo a chiedere se nel loro locale però qualcosa sia rimasto di quella atmosfera, di quelle tradizioni.
“A dire il vero qualche aspetto di quei tempi, nel sistema di servizio, è rimasto concettualmente, anzi, ci teniamo che continui ad essere un tratto distintivo” continua Andrea. Sono molto incuriosito, prima, però, mi parlano dei cambiamenti. In fondo è grazie al cambiamento che possono tenere in vita anche la tradizione, non fa una grinza.
Andrea e Daniele sono appassionati di vino. Nel giro di un paio d’anni danno forma ad una carta vini di eccellenza. I due però non si limitano a ricevere i rappresentanti o partecipare alle grandi degustazioni che vanno per la maggiore in Italia. Nei giorni liberi si organizzano e vanno di persona a visitare qualche cantina, anche in regioni lontane. Andrea si diploma Sommelier AIS e assieme a Daniele inizia un percorso di conoscenza più approfondita del mondo enologico. Mondo in tutte le sue forme ed accezioni, come spiega Andrea: “non ci limitiamo ad inserire in carta solo il vino famoso o conosciuto, il prodotto di punta della zona…offriamo certamente etichette che non hanno bisogno di presentazioni, certo, ma non ci basta.
Da parte nostra vogliamo anche affiancare prodotti di cantine più piccole, che ci hanno permesso di conoscere chi c’è dietro all’etichetta, le persone e le loro idee. Prima di proporlo ai nostri clienti vogliamo andare a fondo e sapere cosa rappresenta quel vino, quale territorio esprime, quale pensiero ha dato origine a quel prodotto. Ogni vino esprime precise scelte che vorremmo conoscere e condividere. Cerchiamo anche originalità nella proposta”
“Se vogliamo continuare la tradizione del Cacciatore dobbiamo anche far incuriosire i clienti, motivarli a percorrere quella strada in più (ed è pure una strada bella in salita, penso io) rispetto alle alternative che ci sono giù. Questo è per noi l’unico modo per mantenere vivo l’interesse in un quadro di generale depauperamento della zona. Abbiamo reso il locale più grande e accogliente perché per noi era il segno di un nuovo inizio, ma i clienti non tornano per vedere…un muro nuovo. Vengono a trovarci perché se oltre a mangiar bene e stare a proprio agio, sanno di poter trovare qualche novità. La scelta quindi di puntare sulla cantina è stata pertanto decisiva, per certi aspetti sofferta e complicata perché ha comportato un lungo lavoro, ci sottrae moltissimo tempo, ma ci permette di farci conoscere anche nei dintorni e ci dà l’opportunità di crescere. Ci siamo tirati su le maniche e ci siamo dati da fare, i risultati ci danno ragione”.
Daniele: “inizialmente avevamo il timore che ogni cambiamento potesse provocare un riscontro negativo dei nostri clienti; eravamo circondati da raccomandazioni a non cambiare nulla, ma sappiamo bene cosa succede a chi non guarda avanti. La verità è che le cose sono cambiate così tanto che oggi molti nostri clienti consultano la carta vini sul sito e partono apposta da giù avendo ben chiaro che vino ordinare quando arrivano al Cacciatore! Impensabile fino a qualche anno fa. E comunque anche noi stiamo introducendo, a modo nostro, una tradizione…da diverso tempo organizziamo delle cene a tema in collaborazione con gli enologi oppure i proprietari di una determinata cantina; proponiamo l’abbinamento dei nostri piatti ai loro vini, tra un piatto e l’altro i professionisti del vino si rivolgono ai commensali e parlano del loro lavoro in vigna, delle operazioni in cantina, spiegano perché si sentono certi profumi o quali difficoltà abbiano incontrato per ottenere un certo risultato. Il frutto del lavoro dei vignaioli è nel calice in tavola, a portata di mano…è una formula che diverte e piace, da parte nostra ci porta a provare anche nuove ricette per studiare abbinamenti originali”.
Ma allora, chiedo ad entrambi, cosa è rimasto del passato, della storia, di quello che potremmo chiamare tradizione? Daniele mi spiega che prima di tutto sono rimasti a menu alcuni piatti intramontabili, gli stessi di una volta. La proposta culinaria è stata però implementata ed articolata, e ancora una volta, oltre che per introdurre qualche novità, in virtù dell’offerta della cantina. Insisto con Andrea…quella cosa di quei tempi, inerente al servizio, di cui parlavi prima?
Andrea non mi punta la Mister9millimetri come Jules intimandomi di ripetere cosa – per fortuna – ma spiega:
“I vassoi…continuiamo ad offrire primi e secondi su vassoio, li poniamo a centro tavola; non lo fa più nessuno…noi invece abbiamo semplicemente continuato quello che avevamo sempre visto fare perché ci piaceva mantenere il principio di condivisione, vorremmo che restasse una caratteristica nelle nostre tavole. Non abbiamo la ricetta per far tornare a parlare la gente e lasciare il telefono in tasca, ma la condivisione delle portate, il passaggio di un piatto di mano in mano, e magari qualche commento che – speriamo – possa far nascere una bottiglia particolare in tavola, o un abbinamento speciale, ecco, ci fa pensare che anche questo possa contribuire a rendere pranzo o cena un momento piacevole, di compagnia. Un vero momento…social!”
Durante la nostra conversazione, la signora Luciana (la vedete armata di schiumarola, nella foto in calce all’articolo, assieme al figlio Daniele) ci guarda dalla cucina; sta preparando i famosi gnocchi “come una volta” così buoni che tutti i clienti si fermano a farle i complimenti e poi cercano di farsi svelare il segreto di quali patate usi. Lei – figuriamoci se fa trapelare qualche informazione – svicola alla domanda rispondendo con un sorriso “sicuro che ve lo dico, uso patate da gnocchi”. Passano pochi minuti e incrociamo papà Fiorenzo detto Fiore, colonna e istituzione del Cacciatore, i suoi i radar uditivi si sono sintonizzati sui discorsi dei figli. Andrea e Daniele si stanno confrontando in merito ad una recente degustazione, devono decidere se “portare a casa” o meno quel rosso siciliano così particolare e così difficile da trovare, e poi quel metodo classico marchigiano, una meraviglia “e cosa facciamo non vorrai non proporre quella corvina che ricorda tanto un pinot nero” “eh, ma ci sarebbe anche da fare un pensiero a quel toscano che però…” “no aspetta, ci sarebbe prima magari…”.
Fiore spalanca gli occhi e sorridendo dice ai ragazzi “Ma come tosi, ancora vin? No ve basta quel che ghe xe in cantina?”
per informazioni e contatti del Ristorante Al Cacciatore, vedi LINK
https://www.alcacciatoretonezza.it/: La cantina in avampostoSe le nostre letture dovessero piacervi, sarebbe gradito un vostro “Mi piace” sulla nostra pagina social. Grazie dallo staff di Alkimysty.
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Davide Moressa ”Alien” – Sommelier appassionato di Vino e del mondo che lo circonda –
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