Da tempo sono a conoscenza del fatto che in Contrà porta Santa Lucia a Vicenza, con una semplice passeggiata dalle mura della città verso Ponte degli Angeli, si può rilevare la presenza di svariate realtà artigianali, operose e silenziose.
Falegnameria Zanchetta, tappezzeria Laspa, litografia Busato sono solo alcuni dei nomi di piccole attività che non fanno sentire la propria voce attraverso la pubblicità, ma che onorano ogni giorno la loro storia produttiva attraverso il proprio lavoro.
In quest’angolo della mia città ho anche ambientato “Welcome Home”, uno dei racconti del mio primo libro “Facce da Tubo”. Avevo già respirato in passato l’aria che sto ritrovando oggi, ugualmente frizzante ed emozionale, e per questo motivo avevo voluto collocare qui la vicenda empatica di Valerio, Gianna e Jacopo. Una storia di recupero dall’emarginazione, il mio sogno rispetto al problema sempre più diffuso nel centro cittadino vicentino.
Ma non è di questo che devo occuparmi stamattina. Sono qui, infatti, perché ho un appuntamento quattr’occhi con uno degli ultimi maestri artigiani rimasti in città, Giancarlo Busato.
È così che entro nel luminoso atrio del civico 38, dove il sole irradia calore sulla pianta di limoni e sul glicine. Posso godere del profumo dei fiori dell’agrume e dell’angolo di cielo visibile dalla piccola corte quadrata che si trova dinanzi all’ingresso della Stamperia Busato. Trascorsi minuti di leggerezza, disturbo il chiacchericcio morbido proveniente dalla contrà suonando la campanella posta sul cancello. Al suo suono, Giancarlo mi apre e mi accompagna tra le mura storiche del palazzo cinquecentesco, nel suo laboratorio magico che è traccia indelebile di un lavoro artigianale che sta inesorabilmente sparendo.
Il maestro d’arte e mestiere mi accoglie col sorriso negli occhi di chi esercita una professione che gli piace e mi immerge nell’ambiente, dove tra il profumo d’inchiostro e acquaragia, accompagnati dal cinguettio del canarino presente in bottega, mi illustra la sua attività trasmettendo passione.
La Stamperia d’arte Busato opera dal 1946, da quando Ottorino Busato mise a frutto l’esperienza fatta in altre stamperie per aprire il proprio laboratorio di litografia e calcografia.
Gli anni sessanta e settanta furono molto fiorenti per l’attività e il figlio del fondatore, Giuliano Busato, ebbe la gioia di lavorare per artisti come Neri Pozza e Tono Zancanaro.
Proprio sul finire di questo periodo fervente, il piccolo figlio di Giuliano, Giancarlo (con cui sto chiaccherando e raccogliendo queste notizie) studiava nella bottega artigiana, tra i fogli immacolati e quelli già pregni dell’inchiostro impresso dal padre per conto degli artisti. Qui, immerso nelle equazioni da risolvere, Giancarlo apriva ampie parentesi sullo studio matematico osservando suo padre alle prese con Murer, Treccani, Guidi o Guttuso.
Il giovane respirava l’alchimia che ci deve essere tra l’artista committente e il tecnico stampatore: l’uno cerca di spiegare l’idea, la magia che l’opera deve trasmettere al fruitore finale, l’altro traduce il tutto operativamente, mettendo all’erta l’artista sui pericoli o le sbavature che le tecniche della litografia, dell’incisione o della xilografia possono nascondere. Mi rendo conto che la dialettica è fondamentale anche nei cosiddetti creativi, saper esprimere concetti anche astratti è difficile ma necessario.
L’artista a tutto tondo versa due calici di Durello dei monti Lessini e sorseggiando beati continuiamo il nostro dialogo. Fu proprio la stretta relazione tra artista e stampatore ad affascinare Giancarlo nella sua giovane età, portandolo a decidere di proseguire l’attività di famiglia anziché seguire il percorso naturale degli studi scientifici che stava affrontando.
Grazie agli insegnamenti del padre e alla collaborazione dello storico dipendente Valerio (andato in pensione l’anno scorso dopo 44 anni di onorato servizio in Stamperia Busato), egli imparò dapprima il mestiere e poi iniziò a metterci le idee. Parliamo ormai della fine degli anni ottanta e i novanta, anni in cui a Giancarlo era chiaro che gli artisti committenti stavano diminuendo numericamente. Nuove tecnologie digitali erano all’orizzonte e questo avrebbe cambiato lo scenario degli artisti emergenti. Bisognava sostituire in qualche modo i clienti in diminuzione, farsi conoscere, e così Giancarlo decise che era arrivato il momento di aprire le porte della Stamperia al pubblico, condividendo con chiunque l’ambiente magico dell’interno 38 di Contrà porta Santa Lucia e la manualità dell’artigiano sapiente. Il giovane pensò anche di presentare la propria attività al di fuori del laboratorio, in controtendenza con la mentalità del tempo (“I schei se fa in botega”).
Sfruttando la sua ottima capacità comunicativa tutt’oggi Giancarlo porta la storia dell’attività in numerosi istituti italiani e riceve oltre milleduecento studenti all’anno in Stamperia per promuovere la bottega. L’anno scorso, proprio attraverso una di queste visite in laboratorio, lo studente di liceo linguistico Marco si è entusiasmato per la particolarità e l’unicità di questo mestiere, iniziando a collaborare come dipendente e alimentando la speranza che l’attività possa proiettarsi per un’altra generazione.
Perché proprio questo è il tema, dare futuro al passato e al presente, permettere alla nostra città di continuare a vantare l’esistenza di questa Bottega storica di Vicenza. Centinaia di turisti durante l’anno visitano la Stamperia, e questo è l’attestato di quanto essa abbia valore. Una stamperia artistica di questo tipo ha un equilibrio magico quanto delicato e forse meriterebbe un inquadramento giuridico e fiscale particolare, maggiormente tutelativo, visto che in Italia ne sono rimaste veramente poche.
Potremmo dilungarci sulla descrizione delle tecniche lavorative ma parlare di puntasecca, maniera nera, acquaforte o acquatinta, senza vederle messe in opera, inciderebbe appena la memoria.
Il consiglio è quello di regalarsi una esperienza diversa: contattate Giancarlo e andate a visitare la Stamperia con un gruppo di amici o di colleghi. Entrate anche voi nel luminoso atrio del civico 38, dove il sole irradia calore sulla pianta di limoni e sul glicine. Magari, tra i torchi e i tamponi del laboratorio, durante l’esperienza avrete la fortuna di vederlo scambiare informazioni con gli artisti committenti e capirete la funzione dell’artigiano, di colui che lavora con gli arti, di chi ci mette le mani.
Nell’era digitale in cui l’utilizzo di software e piattaforme preconfezionate sta sviluppando numericamente le produzioni grafiche, fotografiche, musicali, purtroppo appiattendole e uniformandole, osservare persone che decidono come gestire un lavoro “analogico” è estremamente affascinante: queste persone conoscono la fisica delle cose e questo permetterà loro di lavorare sempre con maggior ingegno e fantasia.
Una volta che avrete ascoltato Giancarlo e il giovane Marco parlare, dopo aver magari provato a fare un lavoro guidati dai loro suggerimenti, vi sentirete appagati e affascinati, uscirete sereni e bendisposti, esattamente come sta succedendo a me al termine dell’incontro.
Infatti, esco dal cortile e guidato dal solo istinto, che negli attimi di serenità torna a galla deciso, mi reco ai vicini tavolini di un altro luogo storico, l’osteria Pitanta, col solo obiettivo di godere, davanti a un bicchiere di vino, di un altro momento prezioso che la città può concedere.
Qui, fruendo del sole primaverile, proseguo idealmente il senso della visita in Stamperia accompagnando un calice di Garganego, vino solido e sincero come Giancarlo, a qualche calamaro al tocio, cioè condito del liquido nero che il mollusco conserva nelle sacche per difendersi dai pericoli; difendersi dai pericoli, proprio come l’inchiostro della Bottega di Contrà Santa Lucia serve alla Stamperia per proteggersi dal mondo che cambia repentinamente.
Tutto sommato, realizzo in questo lucido istante, se ci esercitassimo ad abbinare ciò che vediamo a qualcosa di già presente in natura, scopriremmo il nostro pensiero di fondo, e forse tutto ci sarebbe più chiaro.
https://www.stamperiadartebusato.it/
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