Ho rivisto un vecchio video di una delle feste musicali vicentine nate negli anni novanta, proprio agli inizi del decennio: il Villazza Rock era una festa organizzata dai giovani dei quartieri riuniti di Viallggio del sole e San Lazzaro. Nel video, ragazzi non avvezzi alla telecamera sfidano l’incognito facendosi riprendere nel campo di calcio dismesso all’interno del quartiere di Villaggio, location della kermesse. Un giovanotto intervista occasionali gruppetti di persone che si sono approcciati al week end di rock (e dintorni) proposto dagli organizzatori, giusto qualche band locale; si va dai gruppi più scafati ai neofiti maggiormente lanciati. Nei brevi scampoli di intervista, dalla tecnica tutt’ora moderna (nel senso che i ritmi sono quelli spezzati ma incisivi molto in voga proprio in questi anni) si respira una atmosfera vivace ed entusiasta.
Ritrovarsi in un prato dove è stato montato un palco e uno stand per servire carne ai ferri, patatine fitte e birra non era tutto sommato una grande novità, le sagre paesane e le feste de l’Unità esistevano da anni, ma l’elemento nuovo era l’organizzazione da parte di gruppi costituiti di giovani, che significava musica rock al posto di bande di mazurka e folk romagnolo. In pratica, una festa dai giovani per i giovani.
Mi ha fatto piacere rivivere quei momenti di goliardia e libertà assoluta, mi ha fatto sorridere rivedere qualche volto noto esprimersi fantasiosamente e senza filtri, esattamente come avrei fatto io, come avreste fatto gran parte di voi a quei tempi: il non aver pensieri rende chiunque luminoso e affabile, un magnete positivo. Penso a come poi siamo diventati tutti, chi è rimasto sempre uguale e chi è cambiato, dire evoluto sarebbe già un commento critico, e capisco, se mai ce ne fosse bisogno, che la vita è una ruota che gira, e il tempo che passa è regola per chiunque.
Le feste di questo tipo hanno sempre accompagnato la mia crescita: quando avevo cinque anni i fari della festa de l’Unità al vecchio campo da calcio dei Ferrovieri illuminavano a giorno la mia camera affossata nella calura estiva (nel 1977 i climatizzatori erano ancora utopia); alla sagra di quartiere quand’ero alle medie; alle feste rock quand’ero alle superiori. Tuttavia disporre di un simile documento di come eravamo è un tesoro senza tempo, tanto più che all’epoca non era così diffusa la disponibilità di videocamere. Un mio amico nel 1990 ne possedeva una e per sere intere filmammo scherzi di tutti i tipi in giro per Vicenza. Passavamo serate a pensarli e studiarli.
Ringrazio chi ha condiviso questo documento perché ha permesso a più di qualcuno di ricordare, visto che la memoria è breve e col tempo vaneggia inesorabilmente, ciò che eravamo, come ci sentivamo. Motivati e liberi; cazzoni; si era investiti di un’aura speciale. Sì, forse eravamo come dei sani goti di verduzzo dorato (chi non lo beveva al tempo, il verduzzo macchiato Kina?), un vino amabile e frizzantino che ben si sposa con l’essenza della gioventù.
Oggi ciò che possiamo fare è renderci migliori in altri modi, con l’equilibrio, l’armonia e una nota di saggezza, oggi è meglio puntare ad essere un vino rosso affinato in legno quel giusto che non faccia percepire l’invecchiamento.
Sì, tutto quel che si vuole. Però, soprattutto d’estate quando queste feste ancor oggi prendono vita, quanto meglio è un bianchetto frizzantino?
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