L’Ombra lunga di villa Maffei-Costalunga.

Il 4 agosto è un giorno di piena estate, difficilmente si scappa dal caldo il 4 agosto. E infatti domenica 4 agosto 2024 faceva molto caldo quando mi sono recato con Barbara a villa Maffei-Costalunga di Castegnero. Qui i membri della famiglia Costalunga, operosi protagonisti dell’azienda agricola di quarta generazione, attendevano i visitatori interessati al tour guidato attraverso le sorgenti spontanee e le bellezze della villa padronale. C’erano proprio tutti i Costalunga, ognuno col proprio ruolo nel descrivere luoghi e storia e nel presentare i vini della cantina di famiglia durante la degustazione finale.

Personalmente ho un ottimo rapporto con Daniele e la figlia Sara, in questo meraviglioso contesto ho presentato sia “Facce da tubo” che “Pane & Oppi” che “Destinazione Pyramiden”, per cui parlo molto volentieri di questo posto che  frequento ormai da inizio 2000, da quando giunsi qui per caso durante una delle prime edizioni di Cantine Aperte.

A inizio visita ci è stato spiegato da Liliana che villa Maffei Costalunga, come molte ville padronali venete, era di proprietà di una famiglia di ricchi mercanti veneziani. Finito il periodo d’oro della via della seta e iniziato il declino della potenza marinara veneziana, molte facoltose famiglie di commercianti rivolsero la loro attenzione alle proprietà che possedevano nell’entroterra: se non riuscivano più a espandersi e ad arricchirsi via mare, avrebbero cercato sostentamento dalle campagne. Iniziò un periodo in cui le famiglie lagunari si dedicarono, o direttamente o tramite lavoratori della terra alle proprie dipendenze, alla produzione agricola. La villa padronale, dove gli uni o gli altri vivevano, era un insieme di unità costruite anche in tempi diversi che ospitavano i contadini, i magazzini di stoccaggio, il fienile, le stalle; e questi elementi sono tutti ancora presenti a villa Maffei Costalunga. Ma qui c’è qualcosa che altrove non c’è. Ne parleremo a breve, vi rimando a dopo, quando avremo concluso il giro delle mura esterne.

“Destinazione Pyramiden”, 2024

A questo punto abbiamo camminato esternamente al muro perimetrale del possedimento, ammirando la naturalezza con cui la villa si presenta, elegante e intimamente operosa, ai piedi dei vitigni berici. Sul retro della parte abitativa c’è una meravigliosa loggia in cui è visibile la presenza di una serliana. Poi c’è il brolo con gli alberi da frutto. Al di fuori del muro perimetrale, dove abbiamo camminato noi, si trova una affascinante fontana con acqua sorgiva, un verdeggiante angolo di fresco dove un tempo, solo il lunedì, venivano lavati i panni dalle donne di casa (mai le nuore, le suocere non le avrebbero mai mandate in quel posto da ciacole). Interessante la sequenza con cui l’acqua scorre attraverso la fontana: prima passa per il lavatoio grande dove appunto si faceva il bucato, poi per un abbeveratoio per animali (inutilizzato a inizio settimana quando veniva fatto il bucato), quindi per il lavatoio piccolo, quello dove si lavavano i pannolini sporchi. Quindi l’acqua, abbiamo visto terminando il giro del muro di cinta, scorreva attraverso un acquedotto in pietra a far funzionare il mulino, poi passava per le stalle ad abbeverare le bestie, quindi finiva ai campi. 6 funzioni in 100 metri. Fantastico! E notevole anche la manifattura dell’acquedotto, in blocchi unici di pietra scavata.

Rientrati all’interno dell’azienda dal retro della tenuta, verso le vigne, ci siamo divisi in due blocchi per la visita clou, quel qualcosa in più che si trova qui. Qualcosa che potrebbe essere nato proprio dal fatto che i padroni della tenuta erano veneziani, maestri della gestione delle acque e popolo memore di come utilizzare correttamente l’argilla nei processi di sanificazione dell’acqua (pratica messa in opera nei puteali dei campielli di Venezia ai tempi della peste). Siamo, infatti, scesi all’ipogeo presente sotto la corte a selese, un vano di convogliamento delle acque sorgive sotterranee raro nel suo genere. Con l’ausilio di una scala a pioli ci siamo calati nella condotta a volte in mattoni. Qui Daniele ci ha illustrato da dove sgorga l’acqua, una pozza che per la cromaticità mi ha ricordato Syri I Kalter in Albania, ci ha fatto vedere il limo depositatosi negli ultimi due anni di servizio e ci ha portato in fondo al tunnel, dove attraverso un vero e proprio tappo si può svuotare l’ipogeo se necessario. Sì, perché per accedere qui è necessario uno svuotamento dall’acqua di un giorno intero e per farlo bisogna togliere un tappo (un ceppo ligneo rivestito di una camera d’aria in gomma a fare da tenuta) presente sul fondo della condotta, dalla parte più bassa verso i campi. Perché, e questo è il grande fascino, con questo acquedotto interrato si convogliava l’acqua sorgiva, attraverso ingegnosi canali il cui unico principio di funzionamento era l’utilizzo corretto dei livelli, verso casa, verso un altro mulino, alle stalle e ai campi attorno. Tutto a lavoro zero.

Qui sotto siamo stati al fresco. All’ombra, come è giusto che sia in una cantina, visto che ombra (o goto) è l’unità di misura di mescita del vino in osteria, e ombra è sinonimo di quel fresco tanto amico del vino. Ma anche ombra come sinonimo, per estensione, di zona d’ombra, perché sembra che qui sotto ci sia molto da scoprire ancora. E io spero, un giorno, di poter tornare qui e poter visitare nuovi androni pieni di storia, fascino e stupefacenza come questi.

Potrebbe esserci ancora moltissima storia rurale da scoprire qui a Castegnero. Ne sono certo: l’ombra della cantina Costalunga è ancora lunga.

https://costalungavini.com/

 

 

Francesco Sattin

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