Qualche anno fa il quotidiano L’Unione Sarda pubblicò in più puntate l’elenco dei soldati sardi caduti nella Grande Guerra. Mio padre, ultranovantenne, scorrendo le lunghe liste, individuò il nome di uno dei fratelli di sua madre. Questo ragazzo, partito per il fronte nel 1916 e svanito nel nulla come tanti, risultava in un elenco di deceduti sepolti a Enego, in provincia di Vicenza.
A quel tempo io abitavo a Vicenza e venne naturale per mio padre, dalla terra sarda, chiedermi se avessi potuto cercare la tomba del parente. Nonostante Enego non fosse proprio sotto casa, incuriosita dalla richiesta mi apprestai a soddisfarla. Iniziai subito affidandomi a Internet e scoprendo con stupore che nella banca dati dei caduti del Ministero della Difesa non c’era traccia di questo zio paterno. Dopo qualche ulteriore indagine senza risultati, optai per la ricerca sul “campo” e mi diressi a Enego, non senza essermi adeguatamente documentata in merito.
Enego è un paesino di montagna che vanta poco più di 1500 anime. E’ parte di una piccola enclave cimbra, una minoranza etnica di antica origine germanica. Enego è anche il più orientale dei paesi dell’Altopiano di Asiago, ovvero una delle più sanguinose linee di combattimento della Grande Guerra. I confronti bellici che si tennero sulle pendici del vicino Monte Ortigara e i tanti bombardamenti su questo piccolo borgo costrinsero la sua popolazione a sfollare nel sud d’Italia.
Dalle informazioni recuperate su Internet risultava che ad Enego si potevano contare inizialmente più di quaranta cimiteri di guerra, anche spontanei, ma che nel tempo erano stati riorganizzati con conseguente trasferimento dei resti delle salme in cimiteri più grandi e dignitosi. La mia attenzione fu attirata dalle informazioni sul Monte Zebio dove si trova un cimitero dedicato alla Brigata Sassari. In famiglia non avevamo molte altre informazioni a parte la sua appartenenza ai Dimonios, ma non sapevamo se avesse avuto un grado militare particolare o altri dettagli utili alla ricerca. La visita al Monte Zebio non sortì risultato alcuno. Non c’era traccia di questo parente.
Qualche tempo dopo la mia ricerca proseguì con una tappa a Redipuglia, al “Sacrario” italiano dei caduti della prima guerra. Ci sono le spoglie di almeno 100000 caduti, di cui la maggior parte ignoti. Centomila.
Tra i cognomi dei 40000 indicati nei gradoni, non trovai quello che mi interessava. Stranamente, ancora nessuna traccia. Ripresi quindi le ricerche su Internet e, per evitare un altro viaggio a vuoto, decisi di scrivere al Ministero della Difesa. Sul loro sito infatti è possibile scaricare un modulo di richiesta notizie dei dispersi e caduti nelle guerre.
Trascorsero alcuni mesi e finalmente arrivò la risposta.
il nostro parente era sepolto nel sacrario di Asiago. Ma c’era stato un errore di trascrizione del cognome. Nel plico con la risposta era inclusa anche una copia del verbale di morte: setticemia a seguito di una ferita al braccio destro.
Il Ministero, proseguiva la missiva, si impegnava a correggere l’errore nel cognome affinché il caduto per la Patria potesse avere degna sepoltura. Arrivati a questo punto, non vedevo l’ora davvero di tornare ad Asiago, stavolta a visitare il Sacrario Militare.
Il Sacrario Militare di Asiago: una imponente costruzione in marmo bianco, sulla sommità del colle Leiten a circa 1000 mt di altezza, dove riposano i resti di circa 60000 caduti della Grande Guerra, non tutti identificati. Sessantamila. Lunghi corridoi di loculi numerati convergono in una parte centrale che ricorda un altare votivo. In uno di questi corridoi finalmente trovai il prozio, con il cognome errato.
Dopo aver scattato alcune foto, le mandai a mio padre, inorgoglita dalla missione compiuta.
Rimasi lì un bel po’. A vagare tra i corridoi lunghi e freddi, a cercare soldati con cognomi conosciuti, a fare i calcoli dell’età in cui perirono. Ma soprattutto a pensare al mio parente e a tutti quei giovani soldati che come lui avevano lasciato la casa e che non vi tornarono mai più. Pensai alla morte straziante e solitaria di questi uomini e alle loro madri inconsolabili nel loro dolore. Camminare in quel luogo mi dava la sensazione di farne parte, come se avessi potuto sfiorare la Storia e la tragedia della Grande Guerra.
Dopo qualche mese mi imbattei in un articolo sul sito della BBC. Riferiva come sia scientificamente provato che la ricerca delle proprie radici e delle storie dei nostri antenati sia fonte di ispirazione per la crescita personale e contribuisca positivamente allo sviluppo della resilienza psicologica. La scoperta di antenati che hanno avuto una vita difficile e hanno dovuto sormontare grandi difficoltà ridimensiona la pochezza delle nostre ansie personali e dei nostri malesseri.
Aggiungere un altro tassello alla storia della mia famiglia ha avuto esattamente questo effetto su di me.
Aveva diciannove anni.
https://eroiecadutisardi.unionesarda.it
https://www.conlabrigatasassari.sardinia.it/CASARAZEBIO.HTM
https://www.difesa.it/il-ministro/cadutiinguerra/index/26602.html