Non ci avevo mai pensato, ma ormai sono stato alle Canarie quattro volte.
La prima nel 1992, con Kicco a Tenerife. Su un’isola dalla forma di sovracoscia di pollo abbiamo perso dieci anni di vita in una settimana, a vent’anni non era difficile fare l’alba. Non saprei dire molte cose dell’isola però potrei scrivere un capitolo di episodi di vita notturna. Ma non è questo il tema.
La seconda volta che andai alle Canarie fu nell’agosto del 2015, meta Lanzarote, lo straccetto di pollo. Ci andammo tutta la famiglia, atterrammo nella calima mattutina, c’era la visibilità della pianura padana in novembre e ricordo che la cosa non mi piacque. Ma la casa nel deserto retrostante la meravigliosa spiaggia di Famara, sotto l’imponente sagoma del Risco, instillò le prime gocce di fascino. Provai il surf per la prima volta a 43 anni, restandone così preso, pur essendo un grande brocco delle onde, da provare rimpianto per non averlo sperimentato prima. Ricordo le serate in riva al mare mangiando al salto papas arrugadas e mojo oppure apprezzando con la dovuta calma pesce appena pescato; così come la zona dai meravigliosi vitigni protetti da muretti di pietra a La Geria. Fantastici i colori naturali del Parco vulcanico di Timanfaya. E quanto mi piacque l’abbandono totale del paesino di Tenesar, costa occidentale dell’isola. Il fascino misterioso di Lanzarote mi suggerì di inserirne un racconto/dedica all’isola in “Facce da tubo”.
Inverno del 2017, o forse 18. Tornai agli inizi di dicembre con l’amico Paui e qui trascorremmo un intensissimo week end in cui provammo insieme l’esperienza del surf, delle cantine di La Geria e delle strade polverose prossime alla costa. Tornammo a Tenesar a fare quegli scatti fotografici che avevo partorito nella mente dopo l’approccio della prima volta; ricordo una fantomatica cena straripante d’aglio, al ritorno da El Golfo ascoltando Juventus-Napoli, saturammo l’aria della nostra auto giallo shoccante di quell’aroma che avrebbe steso i vampiri. Avevamo una casetta a La Santa che dava sul porticciolo da cui osservavamo i movimenti dei pescatori e le imprese dei surfisti esperti al largo degli scogli. Facemmo conoscenza con due ragazzi veneziani simpaticissimi, con uno dei quali ho mantenuto i contatti. Ora lui gira tutto l’oriente con la sua compagna e con lei prosegue la sua vita avventurosa e fantastica…
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mentre il caro Paui ha scelto di intraprendere la strada dell’accompagnatore di media montagna con cui organizza divertenti uscite trekking-culturali in Italia oppure proprio a Lanzarote, evidentemente è restata nel cuore anche a lui.
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Nel 2024 sono tornato alle Canarie, questa volta a Fuerteventura. Quest’isola a forma di cosciotto di pollo ha entusiasmato Barbara e me. Abbiamo diviso gli otto giorni in quattro a sud e quattro a nord. Del sud ho amato gli scoiattoli onnipresenti tra gli arbusti e gli scogli delle spiagge, il fascino misterioso di Cofete dove ho avuto modo di fare uno scatto troppo fico, le lunghe passeggiate fronte oceano; la luna piena e i suoi infiniti riflessi notturni, la terrazza sull’oceano, l’Oasis wildlife coi suoi meravigliosi rapaci e il couscous di un ristorante marocchino senza eguali. A nord mi sono piaciuti il paesino di El Cotillo, la desolazione di Majanicho, le dune desertiche del parco naturale di Corralejo.
In tutto ciò mi ha colpito la grande presenza di italiani che hanno fatto una scelta di vita: ristoratori, baristi, pizzaioli, pasticceri. Tutte persone un pochino anticonformiste, che qui in Italia catalogheremmo superficialmente come “scappati di casa”, ma che oggettivamente hanno scelto di trasferirsi in un arcipelago che assicura temperature confortevoli tutto l’anno, una stagione turistica di 12 mesi e non solo 4 e la possibilità di vivere aprendo le attività 5 su 7 a 6/7 ore al giorno, cosa che grazie anche a una tassazione più umana permette comunque di vivere dignitosamente. Un’altra cosa positiva della permanenza nell’isola è legata alla sensazione di sicurezza e di appartenenza che ho respirato.
Senza voler fare commenti sulla società italiana odierna, qui a Fuerte i bambini giocano dappertutto e a qualsiasi ora; sembra ancora che siano figli di tutti, com’era nel mio quartiere un tempo, e la partita di calcio sulla spiaggia a chiusura della sagra paesana (dove i genitori tifavano senza malsani attacchi isterico-protettivi) profumava di fresco pulito nonostante l’arsura.
Insomma, senza contare il primo approccio giovanile con Tenerife, che obiettivamente vissi solo di notte, dovessi scegliere tra il tubino e la canottiera chi sceglierei? Potrei pensarci un domani, quando sarò un poco più vecchio; magari, ci assistessero salute e destino, potrei anch’io liberare lo “scappato di casa” che c’è in me e trasferirmi lì con Barbara. Appunto, ma lì dove? Fuerte o Lanza?
Bah, al momento devo pensare al presente, ormai è ora di cena. Cosa preparo, coscette di pollo in tecia o straccetti di pollo alla griglia? Apro il mobile delle stoviglie e ne estraggo la griglia. A oggi sono orientato verso lo straccetto.
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