Dammi tre parole, sole-cuore-amore…e se non ti bastano, te ne metto sul piatto altre tre, con la stessa onda energetica: terza-categoria-sarda.
Sole: ne trovi sempre in abbondanza, qua in Sardegna. A parte in questo periodo di maestralino e tempo incerto. E a parte oggi che come si direbbe dalle mie parti fa un freddo becco. Lungo la recinzione del campo da calcio di Sanluri Stato il fresco venticello passa beffardo lungo la fascia laterale e con un dribbling tra la sciarpa e il bavero del giaccone entra a piè pari sulle cervicali. Adesso, non sono di certo qua a rovinare il sogno di metà degli italiani e di una buona percentuale di stranieri, ovvero che esista una terra dove un guardaroba di magliette e pantaloncini corti sono sufficienti per superare 9 mesi di outfit su 12. Ma ce ne sono comunque 3, di mesi, dove può fare freddo e tirare molto vento. Ancora qualche settimana e forse rispunteranno le infradito ai piedi, chi lo sa. Rimpiangeremo una giornata come questa, dove almeno non si suda anche restando fermi a guardare 22 ragazzi-ragazzotti (qualcuno più agèe) in mutandoni che corrono dietro ad una palla.
Cuore: oggi, però, sabato 21 Dicembre 2024 d.C., maglietta e pantaloncini li portano due squadre di calcio e un arbitro sul campo di gioco della Asd Polisportiva Strovina. L’accento di Strovina va sulla “i”, Strovìna. Leggetelo con la voce di Django di Tarantino quando spiega che la D è muta.
Sanluri Stato, Strovina Stadium.
Si gioca un match molto importante per la lotta alla salvezza del girone C. Salvezza intesa solo in termini spirituali, dato che non esiste la retrocessione. Il campo è in terra battuta, oserei dire battuta bene, le linee sono straordinariamente dritte (giuro), il campo delineato perfettamente come un disegno di Nazca è macchiato solo dalle due chiazze di acqua d’ordinanza in corrispondenza delle porte. E’ tutto il complesso sportivo, nel suo complesso, che però ha qualcosa di bohemien e ci ricorda che siamo al primo e umile passo della piramide da scalare verso la vetta della serie A. L’importanza dell’evento è suggellata dalla presenza dell’ambulanza Croce Rossa e dei due paramedici in completo fluo arancione. Il cuore può fare brutti scherzi, ma ancor prima li possono fare rotule, caviglie, malleoli e menischi.
Amore: sono un vecchio tifoso innamorato di calcio. Ma il primo amore non si scorda mai e non mi sono mai del tutto fatto ammaliare dal calcio moderno. Ho una mia personalissima tesi, che forse qualche università un giorno potrebbe confermare. Magari qualche scienziato giapponese. Gli stessi che studiano anni e anni il perchè i gatti capiscono bene che li stai chiamando per nome, ma fanno finta di niente e ti ignorano lo stesso. Dunque, la mia tesi è che la connessione umorale, sentimentale, sociale e intellettuale tra il calcio, inteso come squadre giocatori e mondo tout court, la sua battaglia simbolica e talvolta politica, e la controparte della società civile – anche quella incivile – formata da spettatori tifosi e appassionati, si è conclusa e spenta definitivamente in un certo periodo storico. Quello nel quale dalle figurine Panini sono spariti i giocatori che portavano i baffi. E avevano un fisico che non avrebbero mostrato così volentieri togliendosi la maglia dopo aver segnato un gol. Un giorno Recalcati ci scriverà un libro farà un pacco di soldi e mi mangerò le mani, ma così vanno le cose. I soldi, la TV, gli affari, hanno snaturato questo legame e portato i calciatori ad assumere la figura di semi-dei. Io, che sono un povero miscredente e già credo poco agli dei, figuriamoci se posso credere ai mezzo e mezzo che si credono tali. Sarò l’unico a pensarla cosi? Vi vorrei raccontare ancora un paio di cose in merito allo Strovina ma prima devo fare un passo indietro.
Agriturismo “Su Stai – Podere Valbella”, Settembre 2024. Pranzo di chiamata alle armi per giocatori, dirigenti, staff e le loro famiglie, poi sponsor, vecchie glorie della squadra, super tifosi e semplici appassionati dello Strovina Calcio. Un pranzo conviviale, decine e decine di persone di tutte le età (sarebbe giusto dire di tutte le generazioni) per festeggiare il ritorno in terza categoria. Da un tavolo all’altro, sento nominare molti cognomi veneti…siamo in terre di bonifica, terre di emigrazione, e i veneti hanno fatto una parte da leoni. D’altronde il simbolo dello Strovina è una spiga di grano (del pane Civraxiu di Sanluri ne parlò qualche tempo fa Cristina) e una zanzara minacciosa; le abitanti dello stagno ronzano ancora. Chiacchiero con molti dei miei commensali, mi raccontano storie e aneddoti, del lontano e del recente passato. Sono racconti che hanno al centro le persone, il lavoro e il gioco, momenti felici e qualche volta meno felici, ma che disegnano un paese, una società, un gruppo di persone molto unite. Oggi vogliono riconoscersi nei colori della maglia dello Strovina. E’ questo il vero motivo del pranzo e dei brindisi: si celebra una rinascita, il ritorno alle gare. Si ribadisce una identità.
“ Strovina non muore mai! “ inneggia un signore di una certa età alzando il bicchiere. Ha i baffi. Strovina non muore mai, sento ripetere poco lontano da me. A questo slogan si unisce anche un signore di Brescia, noto a tutti i commensali di Su Stai e famoso per chiunque conosca la formazione del Cagliari dello Scudetto. Alza anche lui il bicchiere di vino rosso. Quel calice che sta alzando Giuseppe Tomasini pesa almeno dieci tonnellate e ha la luce della coppa del Sacro Graal.
Il cuore e l’amore per una squadra di calcio che dopo vent’anni di campionati dilettanti e che rappresenta il territorio di una frazione di un comune nel Medio Campidano, sono indispensabili per capire quanto siamo distanti dalle multinazionali del calcio, e dai loro maléfici teatrini.
Un pensiero va certamente agli sponsor: molte attività locali, senza le quali il motore di questa gioiosa macchina di sport si spegnerebbe.
A fine partita scambio due parole con Mister dello Strovina, Eros Congia. La mano del Mister si vede in campo, le urla si sentono. Gli scambi della palla sono veloci e proficui fino alla trequarti, poi manca qualcosa, non si raccoglie quanto si semina. “Forse oggi è mancato l’ultimo passaggio e maggior precisione nelle finalizzazioni”. Il Mister lamenta però almeno un paio di assenze pesanti. In queste realtà anche solo un uomo in meno nella formazione titolare può fare la differenza. Gli parlo del gol in fuorigioco e sorride “è così, può capitare, così vanno le cose”. Non gli credo, secondo me anche lui sospetta della necessità di un paio di occhiali per il direttore di gara. Parliamo del dispendio di energie, purtroppo sterile, dettato dalla foga nella ricerca del gol a cavallo dei due tempi. “Serve maggiore sangue freddo, ogni occasione va sfruttata al massimo, ma ci serve esperienza: ebbene, la stiamo facendo”. Ha lodato gli avversari, bravi a sviluppare ripartenze veloci e giocare nello spazio. “E’ il primo anno che la squadra si riaffaccia ai tornei di terza categoria, serve tempo e pazienza. Ma la gente ci è vicina, sentiamo il loro calore, sentiamo il valore dell’appartenenza”. Ci congediamo con un augurio, oltre che di buone feste, che il calcio resti per Strovina quel valore aggiunto e quel simbolo così rappresentativo per questa comunità.
Quel calcio antico che mi aveva fatto innamorare l’ho ritrovato in un campo di terra battuta ai confini di uno stagno.
Li conosco appena questi zanzaroni minacciosi, e mi sento già tifoso. Faccio parte di una squadra!
Se non è la magia di Natale questa, allora spiegatemi voi.
La partita…ah già, com’è andata? Perso 3-0. Cronaca: prima parte di gara che definirei di studio, abbastanza equilibrata. Un errore a centrocampo genera una ripartenza veloce del Santu Lussurgiu che porta al primo gol. Secondo gol sempre nel primo tempo, ma in evidente fuorigioco. A detta di molti l’arbitro avrebbe dovuto accertarsi della fedeltà della fidanzata, si metteva in dubbio che potesse entrare in una stanza chiusa senza grattare il soffitto, così come era acclarata la sua necessità di una urgente visita oculistica. Dopo il raddoppio, attacco alla garibaldina dello Strovina ma purtroppo con tentativi sterili che si spegnevano fuori dalla rete, alla ricerca del gol che avrebbe potuto riaprire la gara. – Intervallo. Il tempo di una birretta e – wow! – patatine fritte espresse con maionese. Una sciccheria che mi ha fatto rivalutare l’area hospitality dello Stadium (alla location avrei dovuto dare zero stelle ma ne concedo 1, cadente, anche per via del clima natalizio, però servizio 5 stelle e menu 5 stelle) e via con il secondo tempo. – Gli avversari cercano di controllare la gara, ma l’inevitabile sbilanciamento in avanti alla ricerca del gol ha permesso il terzo gol che ha sostanzialmente chiuso il match. Un tiro da fuori area di precisione e potenza balistica impressionanti. Ma va là, il tiro della domenica, anzi del sabato. Credo che qua scatti anche una questione di culo, non me ne abbia a male l’autore del gol. Quando si dice che il calcio è fatto di episodi è solo un modo per essere eleganti nella declamazione della menzogna. Fine partita nervoso con superflue e del tutto evitabili pedate su caviglie e stinchi, ma bisogna anche rispettare la tradizione. I paramedici dell’ambulanza sentono le urla post-contrasto, si svegliano dal torpore e sotto-sotto sperano di tornare utili, invece Lazzaro si alza e cammina, e tutto finisce in campo, a tarallucci e vino o se preferite a sebadas e malvasia. Le squadre tornano negli spogliatoi con il pensiero rivolto al pranzo di Natale e alla corsa per comprare gli ultimi regali.
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Davide Moressa ”Alien” – Sommelier appassionato di Vino e del mondo che lo circonda –
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