Su e giù per Zena.

Meglio tenerla di sopra o di sotto?

Gli amanti dei viaggi e della geografia hanno ben chiara in testa una mappa con le bandierine di tutti i posti in cui sono stati. Talvolta, nelle persone più maniache, questa cartina è anche fisicamente presente in casa.

Ma oltre alle bandierine stabili, in queste cartine geografiche, ci sono delle bandierine che necessitano di essere puntellate: segnalano i posti che si ricordano poco, magari perché ci si è stati in maniera parziale (solo in un club, solo in un museo, cose così) o per poco tempo.

Sono andato a Genova tre giorni con Barbara proprio a puntellare una bandierina cedevole.

  

Al nostro arrivo in Liguria abbiamo trovato colonna in autostrada, così essendo già affamati siamo usciti per mangiare qualcosa al bar Nin di Busalla. Questo paese sugli appennini odora di passato di un certo livello, ha una strada principale con parecchie attività commerciali (fino a qualche decennio fa la direttrice Mi-Ge costituiva un lato del triangolo industriale): in queste vallate ricche d’acqua a fine ottocento e inizio novecento nacquero parecchie industrie e ho scoperto che a Busalla c’è una vecchia filanda in disuso che ha dato il nome a metà delle vie del paese.

Rientrati in autostrada il traffico si era sciolto e in un lampo siamo arrivati a Genova Piazza Principe, soggiornavamo nei pressi. Qui la temperatura ci ha sorpresi. Rispetto al Veneto qui in Liguria era primavera e non era la prima volta che sperimentavo la differenza meteorologica tra la padania e il genovese. Nell’aprile 1990 col mio caro amico Willy facemmo 5 ore di autostop per arrivare qui. In tutto il nord Italia, quel giorno, primeggiava il sole, ma giunti sugli appennini iniziò una pioggia incessante. Andavamo a Genova perché avevamo conosciuto un gruppo di genoani locali con cui andavamo a tifare per i grifoni. Quel giorno c’era Genoa-Inter e dopo pochi minuti i liguri andarono in vantaggio con goal di Fiorin. Assieme alla curva eravamo tutti felici e si cantava “Se non cammino Ruotolo, la-la-la-la-la Ruotolo”, ma poi l’arbitro, nemmeno al decimo minuto, sospese la gara: 5 ore di autostop per dieci minuti di gara, e non metto in conto l’interminabile viaggio di ritorno. Ma a quell’età andava bene tutto e non c’era mai problema. Approfitto per salutarti, Willy, grazie per le avventure trascorse assieme.

Torno ai giorni nostri: lasciati i bagagli abbiamo optato subito per un giretto nei vicoli più caratteristici come via di Prè e piazza dei Truogoli. Via di Prè ormai di genovese ha niente, comunque poi abbiamo oltrepassato via delle Fontane e da lì, divenuta via del Campo, abbiamo trovato qualche bottega storica. Arrivati alla cattedrale di San Lorenzo, siamo saliti sul belvedere del tetto e ci siamo gustati un tramonto magnifico per colori e lumi sul Tirreno. Questo sì, è un presepio da ammirare per ore. A quel punto giretto per via Garibaldi e tutti i suoi magnifici palazzi e poi al Eataly, una specie di portuale autogrill per turisti (ma con ottimi prodotti della enogastronomia italiana) in cui siamo andati più che altro per fare una salita gratuita nell’ascensore panoramico senza spendere i soldi del Bigo. Se non fai il taccagno a Genova, non lo fai mai, diceva un mio amico nato qui.

 

La mattina seguente era il giorno della visita all’acquario. Siamo partiti con una eccellente colazione al bar Delfin, dove il titolare dalla sua cuccia nell’angolo dirige tutto il da farsi, fornitori e loro pagamenti compresi, in un sicuro modo spannometrico.

L’acquario è stato molto interessante anche per me che non distinguo una foca da un leone marino, quindi lo consiglio a tutti. Non sono riuscito a toccare le razze, ma c’erano tanti bambini che avevano urgenza di farlo e vedere quanta energia si crea tra cuccioli d’uomo e animali è sempre una gioia.

https://www.acquariodigenova.it/

Usciti dal circo acquatico la temperatura dell’aria era gradevolissima così abbiamo preso due focacce al salto e abbiamo mangiato all’Isola delle chiatte in fondo al pontile dell’acquario. Il tepore era un toccasana per anima e corpo (anche perché uscivo dall’influenza), il sole abbagliava e il benessere provato dopo i gelidi giorni padani mi faceva sentire come un carcerato in un’ora d’aria primaverile. Un tris di anziane, sedute nella panchina di fronte, scambiavano una opinione o un consiglio a cadenza di cinque minuti, rendendo lo scorrere del tempo fiacco e amichevole.

A pancia piena ci siamo diretti verso Piazza Principe da cui abbiamo iniziato una piacevole ascesa a piedi fino al quartiere Magenta. Passando per silenziosi oratori, vetuste scalinate colorate da ciuffi d’erba, piccoli parchi giochi incastonati tra i palazzi, siamo arrivati a oltrepassare un paio di punti panoramici e giunti alla pasticceria Magenta ci siamo fatti un caffè con bignè eccellenti. Arredamenti in legno scuro, piccoli spazi, vassoi d’argento pieni di dolciumi e di ogni ben di Dio hanno reso la pausa piacevolissima, credo che le pasticcerie storiche di Genova meriterebbero una guida (molte quelle nate prima del XX secolo, vedi Mangini, Profumo, Viganotti, Romanengo).  Comunque qui eravamo in un quartiere genovese autentico, in mezzo ai liguri, e la gente scambiava due parole di cortesia senza ritriti o effimeri discorsi da bar. Sembrava di essere in un vecchio film.

Ripresa la camminata abbiamo preso la funicolare Sant’Anna che ci ha riportato in brevissimo tempo giù, in piazza del Portello, regalandoci nel mentre una vista curiosa su incantevoli palazzi. Usciti dal mezzo, nella piazza tra le due gallerie, abbiamo scoperto la presenza degli ascensori, così prima siamo saliti a Castelletto Levante, ci siamo goduti il belvedere e i locali del magnifico posto e poi siamo scesi da Castelletto Ponente.

In mezz’ora abbiamo usato un impianto del 1891, uno del 1909 e uno del 1910. Funzionano ancora e permettono di respirare quell’aria un po’ anglosassone di inizio del secolo scorso; mentre l’ascensore Scassi del 1977 è fermo da anni e assicura solo aria di baruffa nei consigli comunali.

https://www.amt.genova.it/amt/trasporto-multimodale/ascensori/

Dopo il su e giù ci siamo incamminati verso Brignole, incrociando qualche tifoso doriano che si recava allo stadio. La sera abbiamo cenato nell’immancabile piazza delle Erbe e poi a nanna presto, perché il giorno dopo c’era il rientro passando per La Spezia.

Sono stati due giorni gradevoli e intensi, abbiamo camminato molto: per fortuna internet e il web permettono di essere molto pratici nelle cose da visitare in un posto nuovo, quindi concreti. Genova città è famosa per l’acquario, per la zona del porto, per i palazzi stupendi di via Garibaldi e del centro, per piazza De’ Ferrari e per la Cattedrale di San Lorenzo. Ma Genova è città femmina, perché finisce per A, perché è elegante, è sinuosa e curvilinea, è al centro del levante e del ponente.  Quindi vivetela senza restare solo in superficie, approfondite la visita, anche a caso, come fareste a Londra o Venezia. Dedicate, ovviamente, un giorno ai posti noti, ma almeno mezza giornata spendetela nella parte alta: da Piazza del Carmine fate la salita di Carbonara, affiancate la chiesa di San Bartolomeo dell’olivella e l’asilo, uscite al parchetto, percorrete corso Carbonara in direzione mare, godete della vista dal Belvedere; oppure scegliete un altro percorso in salita, seguite il vostro gusto e il vostro istinto. Ciò che importa è che facciate i genovesi in passeggiata, prendete un caffè in pasticceria o una birra con focaccia al bar e camminate, salite e scendete, scendete e salite. E propongo anche un cambio di visione: e se la comunemente nota tirchieria genovese fosse solo una sana capacità di accontentarsi?

Fatto tutto questo, ora sì; scegliete se stare con Zena di sopra o di sotto.

 

Francesco Sattin

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